lunedì, maggio 22, 2006

Al PugliaClub "Dalla Poesia...Alla Clownerie" (29-05 - Trieste)


Lunedì 29 maggio, alle ore 20.00, in via Revoltella 39 a Trieste, presso l’associazione culturale “Puglia Club”, si terrà un incontro con Zefferino Di Gioia - Clown dottore Zerò dal titolo:

DALLA POESIA…..….ATTRAVERSO IL TEATRO………..ALLA CLOWNERIE

Nell’incontro si parlerà della sua esperienza di scrittore in vernacolo…e non solo e della sua esperienza di clown dottore della Compagnia dell’arpa dell’associazione GAU - Gruppo di Azione Umanitaria onlus.
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Zefferino Di Gioia è nato a Lucera, in Puglia.

Dopo aver conseguito il diploma di ragioneria e aver sostenuto diversi esami presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’università di Bari è costretto ad abbandonare gli studi ed a cercarsi un lavoro.
Il lavoro, però, non lo distoglie dalla sua voglia di scrivere.

Così accanto alla poesia…iniziano a nascere dei piccoli racconti e, più in là, quello sviscerato amore per la sua terra lo portano a cimentarsi con il suo dialetto.
Agli inizi degli anni 80 pubblica alcune raccolte di poesie in vernacolo lucerino e si cimenta nella stesura di alcuni testi teatrali che vengono messi in scena dal “Gruppo Teatrale Svevo” ricevendo un “insperato” successo di pubblico.

La sua poesia e i suoi testi teatrali, sia pure in modo pacato, contengono denunce sociali e rappresentano un pretesto per “raccontare, ora la solitudine, ora l’ipocrisia e la solidarietà degli uomini”.
I suoi versi, attraverso la parlata schietta e genuina del dialetto, recuperano forza e rendono la comunicazione immediata….perchè è un ritorno alle origini…..alle proprie radici.

Con l’arrivo a Trieste, nel 1996, questa esperienza entra “apparentemente” nei ricordi, anche se la sua passione per la poesia, sia in vernacolo che in italiano, continua fino a quando, costretto ad un riposo forzato, per colpa di un malleolo fratturato, in una delle tante escursioni in montagna ha modo di conoscere una bambina etiope, ammalata di leucemia, che ospita in casa per alcuni mesi e che gli fa conoscere alcuni aspetti “della sofferenza” che non conosceva, ma anche “la solarità” di quella bambina.

Con tutte queste premesse e con la partenza della bambina per la sua terra legge sul giornale dell’inizio di un corso per clown dottori.
Zefferino trova la sintesi di qualcosa che sente appartenergli: “la poesia, il mondo del teatro, la medicina, il mondo dei bambini”.

Così, quasi per caso, inizia la grande avventura del dott. Zerò, il quale, nel suo essere clown, ha imparato che: “anche quando si è intrappolati nei fanghi della palude o si è immersi nella tempesta c’è sempre un modo per salvarsi da un sicuro naufragio e riprendere la strada perchè dentro “ognuno di noi” c’è la capacità di rialzarsi, di liberarsi dalla schiavitù delle abitudini, dei modi di essere…c’è sempre il faro della speranza che ci indica il cammino…per riappropriarsi della vita".
E tutto questo…grazie al sorriso di una bimba e della sua mamma che “continuamente” lo prendevano in giro stando dall’altra parte, in una stanza sterile del reparto oncologico…
UN SORRISO!!!…che gli ha fatto sentire “dentro” quanto basti poco per “scherzare” e…vivere la vita.

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