sabato, aprile 26, 2008

Convegno di studio sull’olivo (30-04/01-05 - San Marzano)


Il giardino degli ulivi, Mostra itinerante fotografica a cura di G.Picella

                                                 Mostra itinerante Antologica (2006-2007) di Nicola Andreace

               Convegno di studio sull'olivo

Interventi:  Avv. A.Malagnino

                  Avv.A.Caiulo

                  Dott.L.Pollastro

                  Dott.G.Picella

                  Dott.A.Lippo 

Moderatrice  Carmela Melania Longo

Organizzazione :Rotary Club e Inner Wheell di Manduria 

        Collaborazione  Banca di Credito Cooperativo di Avetrana, Comune di Avetrana, di San        Marzano, di Sava, di Mandria, Pro Locod di Manduria , Segmenti d'Arte di Massafra, Gruppo Culturale Savese

Luogo:     San Marzano, via Roma 47

Data 30 aprile / 1 maggio 2008

Pittura, scrittura,fotografia, insieme, in un Convegno  di Studio denunciano il pericolo incombente che minaccia la sopravvivenza  dell'ulivo secolare.Infatti, domenica 20 aprile, ospitato nell'elegante sala assembleare della Banca di Credito Cooperativo di Avetrana, introdotto dal Presidente del Rotary Club di Manduria, avv.A.Malagnino, si è aperto il Convegno "Il Giardino degli Ulivi", che ha visto protagonisti 1) l'avv.A.Caiulo, il quale ha commentato il cortometraggio proiettato, tratto dal suo racconto,"l'ulivo" ; 2)" il dott.Pollastro, Presidente del Garden Club, il quale con immagini efficaci  ha mostrato i nostri secolari ulivi, ridotti a poche migliaia, siti proprio nel nostro territorio pugliese,3)il dott. Picella, coordinatore comitato salvaguardia degli ulivi secolari di Puglia, il quale ha avvalorato le sue immagini fotografiche in mostra, esaltandone con passione la singolare bellezza ed esprimendo la necessità impellente della loro salvaguardia. Moderatrice degli interventi la dott.ssa Melania Longo, critico d'arte. Del Convegno hanno fatto parte opere di Nicola Andreace del periodo "Post Human", perché in queste l'autore pone in un cerchio variamente colorato un pezzo di corteccia di albero d'ulivo (Elemento pop).Anche il nostro ha contribuito con la sua arte a ricordare che tale albero, venuto dall'Oriente, ma caratteristica del nostro ambiente, non deve trasformarsi in un reperto museale né può essere sradicato e commerciato come elemento decorativo in ville di ricchi possidenti stranieri. Così, dopo che, durante il convegno di studio, i relatori hanno affrontato le problematiche inerenti l'ulivo, il critico d'arte Angelo Lippo si è soffermato sull'arte dell'artista Nicola Andreace.. Per gentile concessione dell'Autore, riportiamo il suo intervento, ricordando che il Convegno di studio con le mostre itineranti mirante alla sensibiilzzazione per la salvaguardia dell'0livo secolare si ripeterà a S.Marzano il 30 aprile, a Sava il 3 maggio, a Manduria il 24 maggio 2008. .  

Il "Post Umanesimo" nella pittura di Nicola Andreace

 

E' con timore che ancora una volta riprendo a scrivere dell'opera di Nicola Andreace, giustificato dal fatto che dopo decenni di "Umanesimo Tecnologico", il ciclo pittorico nel quale egli ha profuso tantissime energie culturali, estetiche, sociali, ora l'artista ci invita ad una riflessione, diciamo così, "allargata", nel senso che nei lavori datati dal 2006 in poi c'è stato un "matrimonio" importante fra la sua pittura e la sua  grafica. Siamo qui spettatori di un processo straordinario, perché Andreace ha "rimpattato" tutta la sua lunga esperienza e ricerca artistica, dando vita ad un racconto intrecciato fra "design" e "pittura colta", che ha classificato come "Post Human".  La feconda militanza nel campo della grafica d'arte ha portato Andreace a costruire un modello innovativo sia per originalità di contenuti sia per elaborazione strutturale, che lo ha visto primeggiare fra coloro che hanno elevato il concetto di "grafica" – pur anche quella dei manifesti, quindi nell'ambito della "pubblicistica" – a una dimensione altra, che corrisponde alla sensibilità e alla qualità di un vero e proprio status d'arte.

Ed è così che Andreace ha avviato un cammino di traslazione oggettuale, ma univoca alla compattezza dell'impegno globale, di una pratica nell'altra, cioè la fusione e una profonda osmosi fra "colore" e "disegno", nella quale convivono ognuno distintamente eppure amalgamati. L'uno fa da contrappeso all'altro, non invade il terreno altrui, ma lo analizza nella costruzione finale, quella di una risultanza che poi dà origine alla tipicità dell'opera d'arte.  E qui il paesaggio che abita la pittura di Andreace assurge a dimensione  rivoluzionaria, dove terra e cielo scrivono la loro storia millenaria. Questa spinta non si arresta nella semplice trascrizione, ma si ritrova nella finalità dello stesso modo di dipingere. Andreace rifugge da sempre dalla decalcomania, non sa che farsene di un discorso a sé. La pittura non è la rappresentazione ma l'interazione della vita, un tema caro fin dai tempi antichi anche ai filosofi presocratici. Il suo rapporto con l'oggetto dipinto si nutre di criticità, rifiutando il sofisma del già visto e vissuto, della visibilità a tutti i costi, perché anche per lui "l'armonia invisibile val più della visibile".  Ed è qui che il suo impegno caratteriale approda alle sorgenti di un'arte innovativa, di una espressività colta nei suoi lacerti estetici ma nondimeno in quelli filosofici ed etici. La sua esperienza artistica degli anni Settanta, Ottanta e Novanta;  la sua tendenza a cogliere le suggestioni e i richiami delle avanguardie storiche, quando la sua ricerca spaziava dal concettualismo alla segnicità informale-espressionista, attenta a strutturare una modularità infinita, oggi ha trovato nuovi sentieri da esplorare e da verificare.

E' a questo punto che Andreace innesta la sua vivacità pop nella decantazione del racconto, e lo fa inserendo una corteccia d'albero d'ulivo inscritta in un cerchio dalle variabilità cromatiche. Qui – nel cerchio - il colore non è una casualità, ma la precisazione di una verità, variamente interpretata ora dal verde (la speranza), il rosso (il divieto), l'azzurro (l'orizzonte) e così via. La corteccia è lì con il suo "grumo naturale" a decantare la verità, a segnalare una cifra essenziale e non mistificata dall'adulazione esterna. Andreace rifiuta la segnalazione fine a se stessa, l'affronta nella sua emblematicità storica e mitologica, lasciando che lo spazio tra l'oggettualità e la soggettività non scalfisca il rapporto della visione. Per Andreace anche l'ulivo, questa pianta cara agli Dei e ai tanti poeti che l'hanno cantata fin dall'antichità, è un  infinito proiettato nella icasticità del gesto pittorico. Il rimando storico al "messaggio pop" non è strumentale, ma intenzionale per vivificarne l'essenza, quel battito interiore che eternalizza l'avventura della pittura stessa.

Giunti a questo punto, credo – anche per sfuggire alle maglie della retorica – sia più giusto e naturale immergersi nella lettura dell'opera di Andreace, abbracciandola nella sua unicità e nella sua poliformità. Che è un modo diverso e profondo  per calarsi nella immutabilità della vita e per difendere l'esistenza  di piante secolari, testimoni e simboli della nostra vita..       

Angelo Lippo 


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